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Roba da SERT

Non so, sarà che sono fissato, ma a me pare che sia sempre più evidente la nostra dipendenza culturale, che poi è semplicemente pochezza nostrana, nei confronti degli Usa. Cronaca di questi giorni dedicata abbondanetemente ai vari uragani che stanno sconvolgendo la costa orientale dell’America del centro e nord. Uragani che hanno fatto strage di tutto ciò che si trovava lungo il loro percorso, incuranti del fatto che chi subusce di più, siano sempre coloro che ne hanno di meno.

Uragani che hanno raso al suolo intere isole dei caraibi, che si sono lasciati alle spalle, oltre che rovine materiali quantificabili in miliardi di euro, anche vite umane. Eppure niente, i nostri cari mezzi di informazione si concentrano su ciò che quelli (uragani) passati hanno combinato, e quelli che stanno per arrivare potranno distruggere una volta arrivati sulle coste degli Usa. Nel frattempo, un terremoto di proporzioni enormi sconvolge il sud del Messico, ma merita solo qualche breve apertura e più che altro un’evidenza che non arriva prima delle seconde notizie.

Evacuazioni in Florida, Miami deserta e spettrale, ordine di evacuazione in Alabama. E giù interviste a chi, meglio se ricercatori che fa sempre figo, italiano, vive da quelle parti. Si sprecasse qualche domanda fatta a chi in zona ci è nato e vissuto, forse si scorpirebbe che le devastazioni provocate dalla natura, sono spesso anche frutto di scelte politiche discutibili e di una disparità tra le classi (le più basse spesso rappresentate da minoranze) che fa sì che i danni peggiori, come accennato, li subiscano i poveracci. Quelli che, privi di assicurazioni che non si possono permettere, una volta perso qualcosa, lo hanno perso per sempre. Un po’ come, ma al contrario, nel famoso spot pubblicitario dei diamanti.

Comunque sia, secondo i giornali e telegiornali, noi dovremmo essere in grande apprensione più che altro per le conseguenze che questi uragani provocano solo nella parte del globo che più di ogni altra ha contribuito a fare in modo che questi fenomeni diventassero sempre più frequenti e sempre più disastrosi.

Un concetto di dipendenza che non riguarda solo, ovviamente i fatti di cui sopra, ma che invece si riflettono su tutto ciò che in teoria dovrebbe chiamarsi dovere di cronaca. Volgliamo dare un occhio a come si portano a conoscenza, che ne so, i fatti che accadono nel nostro vicino oriente? Ci ricordiamo di come veniva raccontata la battaglia per la presa di Aleppo? Dei bombardamenti dell’esercito siriano (e dei russi) che provocavano centinaia di vittime tra i civili? Verità, niente da dire, che però tacevano tranquillamente sugli effetti delle artiglierie dei fanatici dell’Isis o dei Al Qaeda che facevano a pezzi le stesse persone. O, meglio ancora, degli stessi effetti che provocano i bombardamenti della coalizione a guida Usa sui civili di Mosul o delle altre città irachene che piano piano tornano sotto il controllo governativo, allo stesso identico prezzo di quanto era costata la riconquista di Aleppo. Oppure il silenzio vergognoso sulle migliaia di vittime che i bombardamenti dei migliori alleati dell’occidente, i sauditi e i loro “sudditi” del golfo, e le epidemie provocate dalle distruzioni delle stesse bombe vengono mietute in Yemen. Oppure ancora in Afganistan, dove il nostro governo vorrebbe mandare altri militari che andrebbero ad aggiungersi a quelli che già ci sono, ma sia chiaro, ufficialmente senza combattere?

Non credo che la dipendenza culturale che subiamo si limiti alla disinformazione, ma anche nel proporci i uovi miti o eroi da cui prendere esempio e dalle cui labbra dovremmo dipendere. I vari Steve Jobs, Bill Gates, Jeff Bezos e via dicendo che ci vengono proposti come guru e maestri di vita, mentre sono sì dei geni dal punto di vista delle idee che si traducono in innovazioni tecnologiche, ma dei solenni farabutti se consideriamo come hanno creato e mantengono i loro imperi. E come hanno trasformato la nostra società in un cumulo di dati e algoritmi che servono principalmente a loro e a coloro che su questi dati si creano altrettanti imperi commerciali e finanziari. E che, giusto per dirne un’altra, si rifiutano persino di pagare le adeguate tasse sui loro enormi guadagni.

Non so, ma ho come idea che se i nostri eroi della stampa e della tv, trovassero il tempo di raccontarci le cose nella loro complessità invece che limitarsi a scimmiottarsi l’un l’latro, anche noi ne potremmo trovare giovamento e magari potremmo vedere le cose attraverso prospettive e angolature diverse rispetto all’enorme superficialità e uniformità con cui le notizie ci vengono rifilate. E così limitare la nostra dipendenza rispetto a questa “stupefacente” informazione e, che ne so, provare a suggerire finalmente una via (in generale) indipendente e diversa rispetto a quella fallimentare che ha ridotto il nostro pianeta a quel deposito di immondizia, materiale e culturale, che ci troviamo in eredità.

Ultimo, ma non ultimo, stiamo attenti che anche se giornaloni come NYT ci appaiono libera informazione perchè, giustamente, attaccano la politca di Trump, fino a ieri hanno tranquillamente appoggiato la politica dei democratici e degli eroi di cui sopra, anche se quelle scelte hanno abbondantemente contribuito a farci trovare nella melma in cui sprofondiamo.

Bruno Tassan Viol

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