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Donald TrumPet (inteso come flatulenza)

Ci si può provare, ma risulta difficile riuscire a non parlare del biondo che fa impazzire il mondo (chiedo venia per la citazione presa da una vecchia pubblicità).

Ora ci delizia con i suoi commenti sugli Stati da lui definiti come “cessi”, nemmeno si fossero ridotti in quelle condizioni, oggettivamente disastrose, senza il consistente contributo degli Stati Uniti, che il nostro eroe rappresenta al massimo livello. Diciamo che che se i “green berrets” non si fossero presi la briga di andare a rompere le balle all’intero universo, sarebbe ragionevole pensare che il resto del mondo, compresa quella parte portata alla ribalta dalle ultime esternazioni lisergiche che immancabimente il soggetto in questione ci fa avere, starebbe decisamente meglio.

Che gli Stati Uniti non abbiano affatto preso in considerazione l’ipotesi di lasciare in pace quella parte del pianeta (shitholes), è piuttosto facile da dimostrare. Giusto per restare nell’area geografica di un paio di paesi tra quelli definiti cessi, San Salvador e Haiti, gli States hanno deciso prima, di intervenire nel colpo di stato che aveva a suo tempo defenestrato il presidente democraticamente eletto, Zelaya, e poi di avallare i giganteschi brogli che hanno portato a far vincere le ultime elezioni a Hernandez. Varrebbe la pena citare che nelle dimostrazioni seguite a questo enorme imbroglio, sono morte almeno una quindicina di persone, di cui a quanto pare a nessuno interessa una minchia. Quanto ad Haiti, basterebbe ricordare che ai tempi del terremoto, mentre Cuba e Venezuela mandavano medici per soccorrere la popolazione, gli Usa mandavano i marines. Senza dimenticare naturalmente che quegli stessi marines avevano invaso quella sfortunata isola nel 1915.

Nel frattempo, in Iran, ormai una delle destinazioni preferite degli strali lanciati da oltre oceano, sono accaduti alcuni casini. Anche lì con i loro morti. Il fatto è che lo spettinato yankee 2 e i suoi accoliti, hanno interpretato le manifestazioni di piazza organizzate dalla parte più conservatrice (un modo elegante per definire dei mascalzoni, parliamo di Ahmedinejad) della società iraniana, come una delle ormai mitiche “primavere arabe”. Detto che gli iraniani di arabo non mangiano neppure il pane, l’origine del dissenso è di natura prettamente economica. Insomma, si protesta per il pane più che contro le durezze e le follie di un regime governato da preti fanatici. E naturalmente si cerca di delegittimare quelle poche riforme che l’attuale governo sta cercando di applicare scontrandosi con le difficoltà provocate dall’embargo economico degli Usa. Sarebbe anche magari necessario ricordare che il tale di cui sopra, Ahmedinejad, è stato arrestato dalla polizia iraniana. Per chi fino a ieri lo aveva definito uno dei tanti nuovi Hitler, dovrebbe essere una buona notizia, ma pare che nessuno ci abbia fatto più di tanto caso.

Quanto poi all’attuale nemico n.1  del pianeta, l’altro con la capigliatura da giocatore di calcio, sembrerebbe invece poter dare qualche lezioncina di diplomazia a chi lo ha fino ad oggi considerato solo uno scavezzacollo. Piano piano sta ricucendo le relazioni con i suoi vicini più imporrtanti, a partire naturalmente dai parenti più stretti. Che poi dietro ci sia la manina della Cina, non sta a dimostrare altro che in giro per il mondo ci sono persone molto più abili e tutto sommato ragionevoli rispetto agli esportatori di democrazia. E che riescono a rendere esplicito che se uno continua a scassare le balle agli altri, non può certo aspettarsi che venga accolto a braccia aperte; parrebbe più logico che nei suoi confronti si prendano alcune precauzioni. Il fatto che queste precauzioni rischiano di scardinare gli equilibri del mondo e di portare il pianeta sull’orlo del baratro, magari dovrebbe far pensare che starsene a casa propria è più salutare per tutti.

Naturalmente in aggiunta, arriva il carico; il riconoscimento di Gerusasemme come capitale unica di Israele. Chiaro che una decisione del genere non potrebbe essere presa senza un tacito (magari suggerito a bassa voce) consenso da parte dell’Arabia Saudita. Che ne so, diciamo che si potrebbe sospettare che il silenzio dei sauditi possa essere merce di scambio per il riconoscimento dell’Iran come nemico principale dell’universo e alla ripulitina che Mohammaed Bin Salman ha provveduto a dare agli altri pretendenti al suo prossimo trono, arrestandoli con la frottola della corruzione. Di mezzo poi ci sono quisquiglie come 100 miliardi di dollari di armamenti venduti ai sauditi dagli Usa che prima o poi dovranno pur essere usati. E l’Arabia Saudita non è certo la dimora delle democrazie e del rispetto dei diritti. Sulla questione Palestinese, e ca va sans dir, di Gerusalemme, l’Unione Europea ci rassicura dicendo che l’opzione dei due Stati continua ad essere l’obiettivo da raggiungere. Senza spiegarci ovviamente come ci si arriverebbe e come sarebbero intesi i due Stati. Vabbè, ne vedremo ancora delle belle da quelle parti. Intanto dello Yemen, dove le armi Usa, ma mica solo quelle, anche quelle italiche, vengono abbondantemente usate sulla popolazione civile, ancora tutti se ne fregano.

Sarebbe interessante ora buttare un occhio sulla situazione siriana, sulle decisioni prese da quel gran lazzarone di Erdogan e che mette un po’ nei guai il biondo e non solo, ma sarebbe lunghetta e ce ne riserveremo la possibilità. Tra una decina di giorni sarò da quelle parti e sarà interessante provare a capirci qualcosa (ne dubito fortemente) direttamente sul posto.

Bruno Tassan Viol

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