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La guerra incivile

Il termine incivile parebbe un’ovvieta’. Tutte le guerre lo sono, indipendentemente da come sono combattute e da quante e quali vittime producano. Sono ancora piu’ incivili coloro che le provocano per qualsiasi motivo, specie se poi le definiscono umanitarie. Detto cio’, questa definizione si adatta forse meglio ad una situazione come quella siriana dove chi preparava una guerra da parecchi anni, ha approfittato di giuste manifestazioni (con una tempistica davvero impressionante) contro il regime per trasformarle in una cosiddetta guerrra civile. Che poi che manifestavano in origine siano stati immediatamente sostituiti da elementi armati (e preparati) che non hanno esitato a provocare morti e feriti, ai piu’ pare un dettaglio insignificante. Che poi ancora questi “ribelli” ci abbiano messo due minuti ad organizzarsi in un vero esercito, “cercando il cambio di regime” combattendo e che facessero immediatamente riferimento a gruppi che fino ad un secondo prima erano considerati i peggiori terroristi in circolazione, a noi ha fatto un baffo. Dunque, definire la situazione siriana una guerra civile, a me pare davvero una cagata pazzesca (Fantozzi). Non lo e’ ne’ lo e’ mai stata. Ri-detto anche questo, passiamo a cercare di capire cosa succede di questi tempi e da queste parti. Il black out di questo ultimo mese e’ stato dovuto al periodo di riposo estivo che mi sono concesso in assoluto ozio e fuori da questo paese. Non se ne sara’ accorto nessuno, ma era cosi’, per dire.

Dunque, la situazione se poco tempo fa e per un certo verso appariva piu’ fluida, ora si sta di nuovo complicando. Evidentemente i segnali che si intravedevano e che facevano ipotizzare un inizio di soluzione politica, a qualcuno non pare piacessero. Inoltre, i bisticci tra Turchia e Usa, le sanzioni a quel paese e ai suoi alleati in Siria, il crollo della sua moneta, sono fattori non neutri che direttamente o indirettamente condizionano anche le  scelte che si ripercuotono in Siria.

Al momento la maggiore tensione e’ determinata dalla situazione della sacca di Idlib, dove nei mesi scorsi si sono concentrate (pardon, deportate) decine di migliaia di persone che avevano scelto questa soluzione piuttosto che venire eliminate dalle varie offensive del SAA e dei suoi alleati. Il sud del paese, precedentemente frammentato e sotto il controllo di varie congreghe di tagliagole, ora e’ bonificato; si tratta adesso di ripulire anche questa ultima regione in cui le cose pero’ sono un po’ piu’ complicatine. L’offensiva governativa che di fatto e’ gia’ iniziata, anche se non ancora su larga scala, si trova a cozzare con interessi diversi; non ultimo quello turco che di quelle aree (piu’ Afrin) vorrebbe invece assicurarsi il controllo. Magari attraverso i suoi sodali del HTS e FSA che dovrebbero governare la zona assicurando ai turchi un dominio indiretto . Si tratta di elementi legati alla vecchia Al Nushra e di conseguenza ad Al Qaeda. Dei veri gentiluomi in parole povere. Appare ovvio che i siriani non possono accettare una soluzione del genere che, oltre a rappresentare una perdita di sovranita’ sul proprio territorio, di fatto terrebbe sotto tiro citta’ come Aleppo, Hama nonche’ Laktakia e la costa mediterranea. Costa dove, peraltro, sono concentrate i maggiori interessi russi con le loro basi aeree e navali. Il fatto e’ che in teoria russi e turchi sono alleati ed avrebbero tremendamente bisogno del reciproco supporto. In questo momento gli interessi russi e la loro forza sono maggiori e c’e’ da dubitare seriamente che Putin & Co. possano mollare l’osso. Almeno per Idlib, per Afrin e’ possibile che ci si possa ragionare.

Nel frattempo e come nelle peggiori telenovelas, un po’ come per alcuni attori che spariscono per poi riapparire a distanza di tempo, si ripete la scena dell’ormai piuttosto abusata possibilita’ di un attacco chimico proprio da quelle parti. Non vale neppure la pena di soffermarsi piu’ di tanto di fronte ad una stronzata cosi’ galattica. Quale interesse i siriani (o i russi) potrebbero trarre da un’operazione del genere, non si riesce davvero a capire. Sarebbe come tagliarsi le palle. Ma tant’e’, i giornali a grande diffusione con in testa il fu glorioso NYT, stanno facendo girare le rotative a velocita’ sostenuta e preparano il  terreno. Far entrare ad Idlib, in questa situazione, materiale idoneo ad un atto cosi’ scellerato e’ in fin dei conti un gioco da ragazzi e certo i suoi attuali occupanti non avrebbero remore a farne uso. Sarebbe la loro unica possibilita’ di salvare la pellaccia, oltre a quella di arrendersi. Blondy (Trump) sta chiedendo nientemeno che una “no fly zone” su tutta a Siria (si immagina che da questa ipotesi abbia deciso di tenere fuori i suoi bombardieri) e minaccia ritorsioni pesantissime se qualcosa dovesse accadere. I precedenti di ridicole accuse (MAI dimostrate) pare non interessino nessuno e che tutti siano di nuovo pronti ad abboccare.

Stavolta pero’ si ha come l’impressione che i russi non potrebbero rimanere con le mani in mano ed il gioco si potrebbe fare davvero duro e pesante. Probabilmente talmente pesante da rischiare la perdita del controllo della situazione con conseguenze da far rizzare i capelli (a chi li ha, ovviamente). C’e’ un gioco di minacce, provocazioni e ricatti reciproci che se dovesse sfuggire di mano, nessuno (non il sottoscritto perlomeno) sarebbe in grado di immaginare come potrebbe finire.

Intanto pero’ la morsa attorno alla sacca comincia a stringersi ed il grosso delle truppe governative si sono ammassate tutto attorno all’area interessata. Stavolta si tratta di un esercito che ha alle spalle 7 anni di conflitto e il supporto dell’aviazione e delle armi russe piu’ aggiornate; un esercito che solo di fronte ad un attacco aereo eseguito in forze potrebbe risultare sconfitto. Ma si dovrebbe scontrare con la reazione russa che stavolta difficilmente inghiottirebbe il rospo. In parole povere si scatenerebbe una guerra aperta, dalla quale difficilmente qualsiasi attore potrebbe sottrarsi. Uno scenario catastrofico.

Mentre si sta aspettando di capire cosa succedera’ da quella parti, piu’ ad est cio’ che rimane dell’ISIS e di altre bande di briganti continuano a portare una serie di limitati attacchi nei confronti del SAA. Al confine tra Giordania, Iraq e Siria, nella zona di Al Tanf, c’e’ una consistente area sotto il controllo dei qaedisti le cui spalle sono ben protette da una grossa base Usa che li fornisce di vettovaglie e di armi. Anche sofisticate. Recentemente un gruppo di questi “ribelli” ha cercato di attaccare Palmira, ma e’ stato respinto dal SAA. Appena piu’ ancora ad est, verso Deir Ez Zor, gruppi dell’ISIS continuano ad attaccare sempre l’esercito di Damasco e alleati. La sacca dell’ISIS che invece era presente nel NES, pare scomparsa; e’ probabile che quei delinquenti siano riusciti (non da soli evidentemente) ad attraversare l’Eufrate in modo da ragggiungere due risultati: dar man forte ai loro affiliati ancora in territorio governativo e ad impedire a Damasco il totale controllo di alcuni tra i piu’ importanti campi petroliferi presenti nella zona; niente male.

La Siria del nord est (NES) infine. Anche qui l’aria che tira non fa presagire nulla di buono. Se da una parte le autorita’ locali stanno cercando qualche compromesso con il governo attraverso incontri bilaterali e alcuni accordi di collaborazione, unica possibile soluzione razionale al conflitto, dall’altra il principale alleato di Rojava non pare accettare di buon grado tale evoluzione delle cose. Ultimamente si vedono colossali convogli di enormi camion con materiali Usa che vanno da nord a sud della regione, segno evidente che la loro attivita’ da queste parti non accennano a finire. Ora che la scusa della lotta all’ISIS vacilla, secondo il pentagono bisogna rimanere finche’ la situazione non si stabilizza. Che poi loro stessi siano i principali destabilizzatori di tutto il Medio Oriente appare dettaglio del tutto insignificante. Stanno costruendo nuove grandi basi e rafforzando le esistenti; tutto cio’ non pare come un segnale di voler lasciare la zona in tempi brevi, come spesso annunciato da Trump (…..). Se non riusciranno ad avere il controllo dell’intero Stato, almeno tentano di dividerlo. Certo all’interno dei loro calcoli che, bisogna dire, ultimamente non sono  mai risultati ben fatti. Ad occhio e croce al massimo potranno contare sull’appoggio dei kurdi (forse e neppure tutti); certo non su quello della maggior parte della popolazione di questo terzo di territorio siriano che e’ compattamente araba e non ha molta intenzione di sopportare oltre una presenza aliena come quella straniera, ma neppure quella di una parte che seppure rappresenti la maggioranza dell’esercito dell’SDF, e’ netta minoranza da queste parti. I kurdi. Le  scaramucce (spesso con relativi morti) che accadono praticamente quotidianamente a Raqqa, ne son il segno piu’ evidente e per ora solo il segnale di una diffusa insofferenza.

Insomma, come nel giro dell’oca, stiamo tornando alla casella iniziale. Ma con regole nuove e per ora ancora oscure.

docbrino

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