Come tutti gli spettacoli che si rispettino, anche quello macabro della guerra, per quanto mi riguarda ora, qui in Siria, deve continuare. In genere sono gli spettatori che devono essere soddisfatti, ma in questo caso pare debbano esserlo i protagonisti. Casi della vita, che ci vogliamo fare? Tutt’al piu’ c’e’ qualche cambiamento scenografico, ma il palco rimane lo stesso e varia qualche battuta a seconda della volonta’ ma soprattutto della possibila’ degli attori.
A proposito di sconografie, vediamo un po’ a che punto stiamo. Parrebbe una situazione di stallo, di attesa e in qualche modo lo e’. Non e’ che la gente abbia all’improvviso smesso di crepare e tantomeno di morte violenta senza avere alcuna intenzione, ma e’ che effettivamente le pedine sulla scacchiera si stanno, o perlomeno cercano di farlo, riposizionando.
Le maggiori novita’ arrivano dal nord, dal confine con la Turchia che sta giocando un po’ come fanno alcuni frequentatori del casino’ al tavolo della roulette, su piu’ tavoli convinti di tenere sempre tutto sotto controllo, ma che prima o poi inciampano in alcune sviste. Al nord est, ammassano truppe e mezzi come se l’invasione in Rojava dovesse essere imminente; per essere piu’ convincenti, non fanno mancare qualche assaggio di quello che potrebbe essere un bombardamento vero nel caso in cui decidessero di dare seguito alle loro minacce.
Sempre nord, ma versante occidentale, la lotta dei nervi tra le parti nell’area di Idlib continua tra varie alleanze piu’ o meno credibili. All’interno di quella sacca c’e’ un po’ di tutto, principalmente gentaglia impegnata contro l’esercito siriano e a bisticciare tra una fazione di fanatici e altre di tagliagole. Li’, il sultano e i suoi accoliti, hanno parecchi interessi, ma e’ probabile che stiano giocando una partita di poker con parecchi bluff tutti ancora troppo pericolosi da scoprire per gli altri giocatori, ma ovviamente anche per chi ci punta sopra. Che i turchi abbiano interessi a mantenere un controllo anche se indiretto su quell’area e’ fuori dubbio, ma che i loro progetti reali (e probabilmente piu’ realistici) siano altri, e’ piu’ che probabile.
Pare invece meno probabile che Damasco e i russi abbiano davvero intenzione di lasciarsi soffiare un territorio indispensabile sia alla sicurezza che alle necesita’ economiche di entrambi; i russi li’ vicino hanno le loro basi aeree e navali e Assad non puo’ certo cedere la sovranita’ su un’area cosi’ vasta ed importante per le principali vie di comunicazione, e inoltre ad un passo da Aleppo. Il loro interesse reale e’ Manbij, al di la’ della liinea rossa che Ankara ha sempre imposto come vitale, la sponda occidentale dell’Eufrate dove secondo Erdogan non ci dovrebbe nemmeno essere odore di kurdi e YPG.
In parole povere, non sarebbe da escludere che se gli altri (almeno per il momento) fingessero una certa indifferenza sul fatto che gli alleati della Turchia si prendessero il controllo di Manbij, Idlib potrebbe rappresentare merce di scambio e l’offensiva siriana e russa potrebbe davvero cominciare in modo serio. Tutto sommato, a parte i rimasugli dell’ esercito libero siriano e nuove formazioni armate e protette dai turchi (magari da spostare verso Manbij appunto), in quella zona ci sono, con una presenza consistente in termini di uomini e mezzi, anche gli ex Al Nusra/ Al Qaeda che oggi si chiamano HTS e che alla fine stanno sulle palle un po’ a tutti. Chiaro che, come il prezzemolo, nella zona c’e’ anche una presenza dell’Isis o di cio’ che ostinatamente continua (e alla cui sopravvivenza qualcuno contribuisce) a rimanere di quei pazzi.
Insomma, uno spostamento ad ovest (Manbij) dei meno (si fa per ridere…) invasati e la pulizia di chi per ora non serve piu’ a nessuno che lasciasse via libera a Damasco e Mosca, non parrebbe cosi’ peregrina. Sarebbe certo difficile da digerire agli Usa, alleati principali dei principali nemici di Ankara, i kurdi. Che sarebbero quelli che alla fine e come sempre dovranno ingoiare un boccone amaro; amaro ma forse indispensabile ad evitare che i carri armati turchi semplicemente spostino gli elementi del muro che hanno eretto a confine ed entrino piu’ o meno indisturbati, o in alternativa provocando una potenziale reazione di Washington i cui effetti sarebbero semplicemente inimmaginabili , in Rojava. Il rilascio del pastore Brunson e la faccenda di Kashoggi (non certo uno stinco di santo come la stampa allineata ci ha raccontato) fatto a pezzi nientemeno che in ambasciata saudita, potrebbero pesare e concedere una specie di permesso speciale ai militari di Erdogan. Naturalmente anche qui pesa il ruolo all’interno della Nato che la Turchia detiene e che non puo’ che preoccupare gli Usa.
Intanto sempre i turchi pare stiano definendo i dettagli (secondo alcune fonti la prima tranche di pagamento sarebbe gia’ stata depositata) per l’acquisto dei famosi S-400 dalla Russia che ha disperato bisogno di incrementare l’alleanza con la Turchia. Alleanza pericolosa vista l’ambiguita’ di Ankara che da un lato stringe accordi con Mosca e con Teheran (che nell’area potrebbe essere un pericoloso rivale nel ruolo di potenza regionale di riferimento), i principali alleati di Assad, ma che con Damasco non ha mai avuto rapporti idilliaci. E che pur sempre e’ elemento di grande peso della Nato.
Teheran si diceva, uno dei maggiori attori di questo scenario; la presenza militare dei suoi “consiglieri” e delle sue milizie sciite e degli alleati Hezbollah in tutta l’area (comrpeso l’Iraq) non puo’ certo essere ignorata. Quanto agli Usa, Trump sostiene che il loro ruolo nella zona e’ giustificato dalla necessita’ di debellare l’Isis (come si faccia a debellare qualcuno continuando a rifornirlo di tutto fa parte dei misteri della vita) e di limitare il ruolo dell’Iran in quella regione. Naturalmente tesi appoggiata anche da Israele che pero’ da quando i russi hanno cominciato a posizionare gli S-300 nella loro versione piu’ aggiornata, non ha piu’ mandato i suoi aerei a bombardare soprattutto iraniani e alleati. Pare che la baldanza dimostrata fino ad oggi nel sostenere che l’aviazione con la stella di David ha tutti i mezzi per distruggere quel sistema di difesa, si sia un po’ ridimensionata. Certo, Tel Aviv (e non Gerusalemme come ormai troppi scrivono) e compagnia avrebbe probabilmente la capacita’ di mettere fuori uso quel sistema, ma la quantita’ di missili da impiegare e il rischio che qualcuno dei suoi aerei venga abbattuto, fa si’ che per ora una certa precauzione sia maggiormente consigliata.
Teheran intanto ha appena firmato un contratto con Baghdad per la realizzazione di un tratto di ferrovia, e la sistemazione della maggior parte che e’ gia’ esistente, che arriverebbe a Basra (principale terminal petrolifero e porto iraqeno) e poi da li’ continuerebbe fino a Latakia raggiungedo cosi’ il Mediterraneo. Tutto cio’ sara’ con ogni probabilita’ causa di ulteriori tensioni e scazzottate nella zona. Ma intanto il fatto che si sia arrivati ad una firma potrebbe significare che altre importanti alleanze si stiano rafforzando mettendo in discussione una delle principali ragioni per cui questa guerra e’ stata prima preparata e poi combattuta: la pretesa di Riad di giocare lo stesso ruolo che Teheran e Ankara hanno l’ambizione di interpretare.
Intanto la Cina, sorniona come al solito, sta a guardare mentre gli altri (in questo caso l’Iran che ha assoluta necessita’ di cercare alleanze commerciali e perche’ no militari con i cinesi) realizzano un pezzo della strategia che Pechino sta implementando da qualche anno e fino ad oggi con discreto successo: la nuova via della seta. Assolutamente indigeribile per Washington.
Ai posteri l’ardua sentenza. Altro che guerra civile!
Docbrino