Iniziamo con due citazioni della Costituzione repubblicana, quella legge suprema che né Berlusconi né Renzi sono riusciti a stravolgere:
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
(…)
E` vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista.
In deroga all’articolo 48, sono stabilite con legge, per non oltre un quinquennio dall’entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al diritto di voto e alla eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista.
Ora, prescindiamo per un istante dal fatto che la Costituzione (anche a causa di un precoce pronunciamento della Corte di Cassazione, allora ancora piena di giudici che avevano fatto carriera sotto il fascismo, che ritenne tale norma come programmatica e non direttamente cogente) sia ancor oggi da applicarsi in tanta parte.
Ma la libertà di espressione ed il carattere antifascista della nostra Repubblica dovrebbero essere almeno, per l’appunto, considerati come punto di riferimento per le istituzioni, ad iniziare dalla Magistratura, il Terzo Potere dello Stato, dopo il Legislativo (che sappiamo da tempo acciaccato per ragioni politiche) e lo strabordante Esecutivo.
Capita invece che a Pordenone la Procura, nuovamente dopo altri casi del passato, intervenga contro chi definisce “fascista” … un fascista non pentito. Che l’attuale sindaco di Pordenone lo sia, lo dimostra il fatto che:
1) non ha mai preso le distanzedal passato regime; tutto quanto ha finora dichiarato in varia sede tende semmai a riprodurre la trita tesi revisionista-negazionista per cui tutto andò bene fino al 1938 ed alle leggi antiebraiche, come se tutto quanto avvenne prima non fosse di per serilevante;
2) confonde fascismo con nazismo (e ci sembra che l’avviso di garanzia pervenutoci testimoni del fatto che tale confusione non sia solo sua…), sempre nell’ambito della ritrita tesi di cui al punto 1);
3) non risulta – e se lo avesse fatto, e noi lo ignorassimo, lo pregheremmo di scusarcene – che abbia mai preso posizioni di condanna delle numerose aggressioni fasciste alla Casa del Popolo di Torre; aggressioni che, in passato, sono state anche sue e del suo camerata Roberto Menia, che definì l’istituzione operaia del quartiere “baracca del popolo“.
Dicevamo, appunto, che non è la prima volta che la Procura della Repubblica di Pordenone prende posizioni del genere, che reputiamo non rispettose del dettato costituzionale. Accadde anni fa che un amministratore della stessa Casa del Popolo, Michele Negro, fu inquisito perché… aveva denunciato l’affissione, in Via Udine, di uno striscione di “Fascismo e libertà”. E fu processato lui, per “attentato alle libertà democratiche” (o qualcosa del genere) !!! A quei tempi, a ricorrere perfino in appello, fu il procuratore capo Labozzetta, quello che a Pordenone infiorettò perle come il mettersi in aspettativa, dichiarando pubblicamente che era a disposizione se qualcuno lo candidava al Parlamento (evidentemente già allora non si distinguevano molto la destra dalla sinistra…) oppure, un’altra volta, minacciare a mezzo stampa i pacifisti di essere fucilati dagli americani di Aviano, se si avvicinavano troppo ai cancelli della base USA. Mah, non ci siamo fatti mancare neanche questo.
Non solo: Ciriani ha denunciato pure per la stessa cosa nostra anche il maestro Sandro Bergamo, che andrà a processo (sia penale che civile) nei prossimi giorni. E quando si mettono sullo stesso piano un mite musicista cattolico ed un trinariciuto comunista non pentito, vuol dire proprio che dobbiamo cominciare a preoccuparci, non sappiamo bene se per le libertà democratiche o per il senso della misura e del bon ton.
Che poi la stessa Procura della Repubblica abbia mandato assolto, con motivazioni incoerenti con i risultati dei corposi accertamenti svolti, lo stesso Ciriani per i suoi affari nel settore cooperativo, fa pensare. Ma questo è un altro discorso, e lo riprenderemo a suo tempo.
E’ evidente che la situazione (in cui siamo incorsi il sottoscritto e la presidente della Casa del Popolo Elena Beltrame, che ci ha purtroppo prematuramente lasciati) è chiara: si vuole impedire di esprimersi, gravando di onerose spese legali, a persone che vivono del loro lavoro, e non certo delle prebende della politica. Garantendosi così dai fastidi di ogni forma di opposizione.
Gian Luigi Bettoli
Ps: per le puntate precedenti, rinviamo agli articoli “incriminati” comparsi agli indirizzi:
http://www.casadelpopolo.org/centenario/i-seguaci-di-ciriani-nuovamente-contro-la-casa-del-popolo/
http://www.casadelpopolo.org/news/sara-questa-la-pordenone-futura-di-ciriani/
http://www.casadelpopolo.org/news/il-tallone-dachille-di-ciriani-che-mi-denuncia/