Oggi, 21 febbraio 2020, ci sarebbe dovuta essere l’udienza definitiva del processo per antifascismo intentato dal (non ancora, allora) sindaco pordenonese Alessandro Ciriani al cooperatore sociale e storico Gian Luigi Bettoli ed alla rimpianta presidente della Casa del Popolo di Torre di Pordenone, Elena Beltrame.
La vicenda è nota da tempo, visto che si trascina dal 2016. Per chi volesse ricostruirla, rinviamo innanzitutto al comunicato dell’Associazione Casa del Popolo di Torre del 5 luglio 2018: https://www.casadelpopolo.org/comunicato-dellassociazione-casa-del-popolo-sul-processo-ciriani-vs-bettoli/ ed eventualmente, per ulteriori approfondimenti, ad una rassegna stampa di questo sito.
In sintesi, la vicenda nasce dalla protesta per una grave serie di provocazioni fasciste verso un’istituzione – vero e proprio simbolo del movimento operaio pordenonese – che tutti i giorni ospita iniziative di associazioni, partiti, sindacati e famiglie, dagli alunni delle scuole alle feste di compleanno, dalla biblioteca ai corsi di ballo, fino agli intrattenimenti dei pensionati. Tutte persone (come si usa dire: normali e pacifiche) assai preoccupate dal ripetersi di episodi minacciosi, uno dei quali – quello raffigurato nell’immagine in evidenza – rivendicato da un candidato della lista cirianea al comune di Pordenone, senza che il capolista se ne fosse mai dissociato. Poi lo stesso (non il provocatore codardo, che appena denunciato ha cancellato da facebook il suo post, ma il capolista) ha provveduto a querelare, alterando la realtà dei fatti per dare una parvenza di credibilità alla sua denuncia. Non isolata: altri pordenonesi sono stati denunciati per il medesimo “reato di opinione” (evidentemente i “nostri” sono allergici alla libera espressione delle idee, tanto che non usano neanche rispondere alle interrogazioni consiliari su quante siano le cause, a spese delle casse comunali, intentate dalla Giunta Ciriani contro chiunque li critichi), così come il fenomeno dei fascisti che denunciano chi li definisce tali ha destato un vero e proprio allarme anche nell’ambito della ricerca storica.
Ma la giornata odierna ci ha riservato, invece che la conclusione della vicenda, una nuova sorpresa, che lancia ulteriori ombre sulla terzietà degli uffici della Procura della Repubblica pordenonese.
La cui rappresentante stamane ha eccepito il fatto che la giudice del procedimento, dott.ssa Binotto, fosse stata in passato (due anni fa) anche la GIP che aveva archiviato la posizione dell’allora direttore del “Messaggero Veneto”, oggi sen. Tommaso Cerno. In parole povere, la Procura ha posto una questione di incompatibilità della stessa giudice a giudicare, dopo anni di svolgimento del processo. Un vero e proprio fulmine a ciel sereno, visto che di Cerno non si era mai sentito parlare fino ad oggi: evidentemente il suo recente passaggio alla politica ha stimolato l’attenzione di inquirenti, che sembrano più mirare alla notorietà che all’esercizio equilibrato della giustizia, in difesa soprattutto – in regime democratico – di chi ha meno potere.
L’iniziativa della Procura è stata stigmatizzata dal mio difensore, l’avv. Bruno Malattia, che ha rilevato non solo l’intempestività dell’eccezione, ma anche il fatto che la dott.ssa Binotto nel 2017 si era limitata semplicemente a prendere atto del fatto che la stessa Procura – allora, nella persona del dott. Federico Facchin – aveva chiesto il proscioglimento di Cerno non essendoci gli estremi formali per procedere!
Correttamente la giudice dott.ssa Binotto, pur ritenendo l’eccezione immotivata, con condivisibile cautela formale ha proceduto a rinviare la seduta, in attesa che il dirigente della sezione penale del Tribunale si pronunci al proposito.
Che dire, se non notare maliziosamente che questa mattina Ciriani aveva mandato in avanscoperta solo uno dei suoi difensori, dopo che la precedente udienza era stata rinviata per motivi di famiglia dello stesso querelante? Solo coincidenze?
Come è una coincidenza che la stessa Procura della Repubblica avviasse illis temporibus il procedimento contro Bettoli per un reato di opinioni che la Corte di Cassazione non ritiene tale, mentre contemporaneamente archiviava – a dispetto della documentata inchiesta della Guardia di Finanza – il procedimento provocato da un esposto di Bettoli, nella sua qualità di presidente di Legacoopsociali Fvg, contro Ciriani per malversazioni in materia cooperativa, compiute quando lo stesso era presidente della provincia ed il fratello consigliere regionale si atteggiava a moralizzatore del settore? (per la cronaca: le attività continuano ancor oggi, e la stessa Regione ha dovuto segnalare il fatto, pur con tutte le cautele, alla stessa Procura)
Indubbiamente, i fatti odierni lasciano l’amara sensazione che, per la Procura della Repubblica pordenonese, certi cittadini siano più uguali degli altri.
Gian Luigi Bettoli