Giusto l’altra sera stavo guardando uno speciale sulla strage di Bologna di ormai 36 anni fa. Quelle scene di corpi, alcuni straziati, altri urlanti cercando soccorso erano terribili. Quelle scene a cui nell’ultimo periodo ci siamo purtroppo abituati, le stesse conseguenti all’ennesimo attentato jiahdista. Oppure quelle che ci fanno meno male e ci colpiscono con minor effetto, ma identiche nella loro straziante realtà; l’unica differenza è che quei corpi martoriati non appartengono generalmente a nostri connazionali o a persone occidentali, ma a poveracci che hanno subito la malasorte di nascere e crescere in luoghi sfigati. Anche loro spesso vittime di attentati della stessa matrice, della stessa natura, ma di cui mai sapremo nomi o conosceremo dettagli relativi alla loro vita. Ancora più spesso vite spezzate dagli effetti della guerra, dalle bombe che cadono dal cielo e non guardano in faccia nessuno, ordigni lanciati da bombardieri con le nostre insegne ma che se non cadono in testa a qualcuno di noi, ci fanno l’effetto di un refolo di vento. Forse la discriminante passa attraverso la definizione dell’evento; un conto è se lo definiamo terrorismo, altro è se lo chiamiamo effetto collaterale. Spiegare tale fine differenza a chi quella guerra la subisce, […]