Per Paolo Pasolini e Pordenone, nel concerto dei “Tre allegri ragazzi morti”, al parco del castello di Torre per il centenario della casa del popolo. Un cocktail artistico di successo e gente ovunque sotto le querce secolari, nella serata di venerdì scorso. Sedie insufficienti e parcheggi introvabili, già un’ora prima dell’evento, uno dei principali nella serie di manifestazioni programmate per i 25 lustri della casa del popolo. Sono stati resi magistralmente da Davide – voce e disegnatore del gruppo musicale – volto e figura di Pasolini, proiettati sul megaschermo con frasi bervi e incisive. Le stesse raccontavano i passaggi della vita di Pier Paolo – espulsione dal Partito comunista italiano compresa – delle sue produzioni poetiche, letterarie e cinematografiche. Introdotto dalla musica di Enrico e Luca, Pasolini è stato riascoltato nelle preveggenti intuizioni di intellettuale che denunciava uno sviluppo, dannoso, del solo consumismo, senza il progresso dell’istruzione per i poveri, di una sanità d’eccellenza per tutti, del tempo dedicato alla cultura e allo sport praticato, invece che alla ricerca esasperata del profitto e alla visione passiva della televisione. Pasolini è stato rievocato durante il concerto, fra la commozione generale, dalla voce di Alberto Moravia che, a Casarsa, durante le esequie di Pier Paolo, denunciava la perdita del poeta dicendo fra l’altro: «… Ne nasce uno ogni secolo».
Una figura di scrittore, saggista, intellettuale e cineasta che ancora oggi in molti ci invidiano. Infine, la Pordenone, cantata da Pasolini con “La Meglio Gioventù”, si è vista sfilare in difesa di lavoro e pace – erano gli anni Settanta del secolo scorso – per le strade di un capoluogo ormai trasformato dalle colate di cemento. La serata si è conclusa con quel documento della Casa del Popolo sui cortei operai e sindacali. Manifestazioni immortalate dalla preziosa cinepresa di Dante Vivan. Spezzoni, allora trasmessi da Telecapodistria, oggi restaurati da Cinemazero e remixati, fra gli applausi, in funzione dello spettacolo.
Sigfrido Cescut
©Il Messaggero Veneto