E li chiamano rifugiati…
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Se proprio insistono…

Tra i vari casini che ci succedono addosso, e’ persino difficile scegliere di che parlare. Pare tutto uguale. In fin dei conti se pensi ai problemini che affliggono l’Europa, o che ne so al fenomeno dei richiedenti asilo, finisci inevitabilmente per ficcare il naso in mezzo mondo e nei guai che questo pianeta si trova ad affrontare.

Se parli della possibilita’che l’Inghilterra se ne vada dall’Unione Europea, non puoi non tener conto dei riflessi che una scelta del genere puo’ provocare in giro per il resto del globo.

Se ti riferisci ai guai in cui piu’ di uno Stato dell’America Latina si ritrova, non ti puoi dimenticare della strategia che gli Usa stanno mettendo a punto nel sub continante che e’ parte della loro politica a livello mondiale, Russia e Oriente compresi.

Prendiamo a caso l’ipotesi «Brexit»: siamo davvero convinti che si tratterebbe di una grossa grana? Se si’, allora perche’ non ci sveniamo per la possibile uscita della Grecia, che in tanti sarebbero, non solo disposti ad accettare, ma che vedrebbero come un fatto positivo? Il peso dell’ Inghilterra e’chiaro che non  e’ lo stesso della martoriata Grecia, almeno dal punto di vista politico ed economico, questo pare piuttosto evidente. Ma se andiamo a considerare la storia,la cultura di questo nostro continente, magari vedremmo l’amputazione ellenica come una perdita di identita’, di un approccio alla vita diverso da quello dominante; sarebbe un po’ come succede in natura per la biodiversita’. Come immaginare un mondo sempre piu’ appiattito su posizioni sempre piu’ conformate.

Perdere la perfida Albione, invece,  sarebbe perdere una delle piazze borsistiche piu’ importanti del pianeta, un disreto approdo per chi vuole nascondere capitali,ma soprattutto del maggiore alleato della politica a stelle e strisce che ci sta schiacciando da circa un secolo. Non a caso Obama si straccia le vesti per perorare la causa della permanenza in Europa (nell’Unione, naturalmente). Perdere un alleato di cotanto peso, incistato nel tessuto molle europeo, significherebbe dover rinunciare alla principale testa di ponte che gli Usa hanno nel nostro continente. Porrebbe forse un insormontabile ostacolo alla realizzazione di quello scellerato patto che va sotto il nome di TTIP. Significa potenzialmente una perdita di peso della Nato, unico soggetto che definisce la politica estera dell’Unione Europea. Significa, forse, cominciare a mettere in discussione tutto cio’ che gli Usa stanno mettendo in atto nei confronti dei loro nemici giurati; in primis Russia e Cina. Significherebbe, sempre forse naturalmente, che l’Europa potrebbe cominciare a pensare all’orso russo non piu’ come un avversario a cui applicare insulse (per se’ stessa e per i russi) sanzioni e magari cominciare a capire che non siamo noi un’appendice  degli Stati Uniti, ma che la Russia e’parte integrante dell’Europa. Ma c’e’Putin, uno che della democrazia non sa che farsene. Vogliamo parlare di chi governa la Polonia, l’Ungheria, in genere gli Stati dell’ex Patto di Varsavia, a partire da quelli baltici che si sentono molto piu’interessati agli Usa che all’Europa da cui pero’ si nutrono abbondantemente?

Forse cominceremmo a capire che le mosse russe non sono decodificabili come atti di ingerenza nei confronti dei vicini, ma semplici ed inevitabili reazioni ad una politica espansionistica aggressiva della Nato, cioe’ degli Stati Uniti (e dunque dell’Europa). Comunque, un macello. Davvero pensiamo che un Ucraina nella Nato e il sistema di guerre stellari che si sta impiantando (anche) in Romania sia un sistema di difesa nei confronti dell’Iran? Con cui peraltro e’ appena stato firmato un accordo sul nucleare militare, mentre, per dirne una, pare che l’Arabia Saudita si stia mettendo a punto il proprio. Anche questo atteggiamento non e’ poi cosi’ nuovo; uno dei motivi, non l’unico certo, dell’implosione della vecchia URSS, e’ stato l’enorme sforzo bellico che quell’impero e’ stato costretto ad accollarsi per inseguire quello americano. Che, se addizionato alle sanzioni di cui sopra (che mettono ulteriormente in ginocchio le nostre povere economie, mica quella Usa) e alla poilitica di riduzione dei prezzi delle materie prime (principalmente gas e petrolio), costringono i Paesi produttori (e dunque la Russia e gli altri BRICS) a grattare i fondi delle loro riserve economiche.

Vedi il Venezuela, definito da Obama come un pericolo mortale per gli Usa (come cazzo avra’ fatto Chavez a riuscirci rimane un mistero), con i servizi (leggi anche ambasciatore) nordamericani a capo del circo in stile cileno dei bei tempi andati, per mettere in ginocchio l’economia di quel Paese che, dovremmo ricordarcelo forse piu’ spesso, e’ stato riconosciuto dall’ONU come il Paese con la maggiore crescita sociale dell’ultimo periodo. Mica male per una dittatura, come lo hanno sempre descritto i media (gli stessi che stanno applicando la stessa tecnica in Brasile con la Rousseff e come hanno fatto con la Kirchner in Argentina) locali, mai stati nella stragrande maggiornaza nelle mani del sanguinario governo (come ci hanno raccontato quelli informatissimi di casa nostra), ma in quelle dei grandi proprietari e straricchi signori che non vogliono rassegnarsi a dover rinunciare a qualche briciola del loro potere.

La spesa militare degli Usa non ha paragoni in alcun altro Stato del nostro gobo, lo strapotere bellico in loro possesso , pur non riuscendo ad avere successo in contesti di guerra combattuta, e’ in grado di fornmire comunque una supremazia potenziale che garantisce loro il controlloe l’imposizione del modello economico mondiale. Nel momento stesso in cui questa supremazia dovesse rischiare di essere messa in discussione, e prima che cio’ possa avvenire in modo determinante, stiamo pur certi che non rinunceranno a passare dalle minacce ai dati di fatto. Non e’ un caso che, nell’assoluta ignavia dei nostri governi (mica solo quelli a livello nazionale) la strategia Usa sia quella di garantirsi il primo e decisivo possibile uso del nucleare. Agli altri non rimane che svenarsi nel tentativo di avere il potere di reagire ad un’eventuale rischio del genere. E’anche e soprattutto per questo che si massacra senza pieta’ in giro per il mondo. Ed e’questo che provoca quel fenomeno che siamo costretti ad affrontare e al quale non siamo nemmeno in grado di dare una risposta decente; quello degli esodi di chi scappa da guerre, violenze e fame. Invece ne deleghiamo la gestione ad un esaltato fascista che crede di essere la reicarnazione dei vecchi sultani della storia del suo Paese.

Dunque, e’davvero il possibile distacco dell’Inghilterra il problema che ci affligge maggiormente?

Non e’ che per caso dovrebbe interessarci di piu’l’immaginare un’Europa diversa, finalmente basata su quelli che erano i suoi principi fondanti (senza continuare a ripetercelo con la solita retorica ammuffita), ripensare un continente che puo’ e deve desiderarsi diverso ed indipendente da ingerenze malefiche che hanno portato al risultato che abbiamo sotto gli occhi e a cui non siamo in grado di un calcio?

Non e’davvero possibile che l’uscita dell’inghilterra dalla UE rappresenti il primo passo verso quel necessario, impellente cambiamento di cui abbiamo bisogno per non precipitare nel chaos piu’ assoluto?

Va bene, va bene, torniamo sul pianeta terra, ma cerchiamo di vederlo con occhi diversi. Please.

1 Comment

  1. sebastiano comis ha detto:

    Non c’e’ dubbio che lo Uk sia il cavallo di Troia americano in europa. E poi ci sono gli altri cavallini, come i paesi baltici, la Polonia. Ma anche l’Italia fa la sua parte, fin dai tempi di d’Alema

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