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Migration Compact(ed)

Sì, insomma, come se si trattasse di un rifiuto finito in uno di quei camion della spazzatura che li schiaccia e riduce di volume. Perchè questo viene da pensare quando qualche pirla se ne esce con delle brillanti trovate come, appunto, quella del Migration Compact; che consideri il fenomeno delle migrazioni come immondizia di cui disfarsi in qualsiasi modo si possa. E che il brillante autore di questa ideona ne vada pure fiero; d’altra parte, poi, se proprio la cosa non va, c’è sempre tempo per una pronta ritirata e smentita come ormai da copione. Se poi la proposta viene condivisa (o forse direttamente imbeccata) da un’altra mente illuminata come Mrs. Pesc, altra punta d’orgoglio della politica “neo italica” assieme al nostro ragazzo prodigio, allora è chiaro che si arriva a quello che all’anglosassone si definisce brain storming. Infatti, niente di peggio potrebbe succedere tra due (o più) cervelli in fuga che si scontrano tra di loro. Una tempesta che lascia solo distruzione.

Dopo avere radiosamente portato a termine la missione dell’accordo con la Turchia, portato a termine si fa per dire, ora si vorrebbe riproporre la stessa operazione con altri paesi, a partire dalla Libia, da dove prevalentemente partono i migranti, oppure più a sud, dove gli stessi transitano lasciando uno strascico di morti di dimensioni probabilmente maggiore rispetto ai naufragi nel Mediterraneo. Rimanendo nel generale, si tratterebbe di formalizzare accordi con stati di garantita democrazia, tipo Sudan, Libia (anche se definire la Libia uno stato al momento sarebbe perlomeno azzardato), Mali, ma magari anche Ethiopia, Eritrea e perchè no, Somalia, che dovrebbero prevedere la realizzazione di strumenti adatti a fermare la fuga di chi prova in tutti i modo di risollevarsi dalla disperazione in cui, per vari motivi, si trova. Tra i vari motivi, sarebbe bene ricordare le guerre che noi abbiamo provocato, la miseria nera, e la conseguente fame, frutto di una politica di furto e di rapina e corruzione che sempre noi abbiamo applicato e le dittature, da noi se non imposte perlomeno auspicate, che dei motivi di cui sopra sono le principali cause. In parole povere, una cosa che può funzionare, no? Ecco, infatti, no!

Davvero originale, poi, sapere da dove dovrebbero arrivare i soldi; attraverso le emissioni di bond o strumenti finanziari del genere, che non si capisce bene chi prima o poi, se gli stessi paesi interessati, oppure gli stati europei, dovrebbero restituire. Qualcuno suggerisce di aumentare le accise sui carburanti per reperire le risorse. Ma non è nemmeno questo il punto, i soldi se davvero si volesse, si troverebbero. Ma ce la immaginiamo una bella camionata di miliardi di euro in arrivo nelle mani di governi che fanno della corruzione la propria identità e la cui affidabilità sarebbe paragonabile ad una volpe di guardia al pollaio? Fantastico!

Tutto ciò poi per costruire, di fatto, strutture (si legge prigioni) in cui “trattenere” le persone fino a quando non si sarà valutata la loro idoneità alla richiesta di asilo e dove si dovrebbe insegnare agli interessati la cultura di base (compresa la lingua) dei paesi che dovrebbero ospitarli, oppure per finanziare i piani di rimpatrio per chi nei paesi ospiti non ha trovato l’idoneità di cui sopra. Magari li facciamo anche pitturare di bianco e insegnamo loro un po’ di dottrina cristiana prima di spedirne alcuni esemplari da noi.

Si parla naturalmente anche di cooperazione internazionale che premetta uno sviluppo che consentirebbe di evitare alle persone di andarsi a cercare una vita mmigliore altrove; nelle menti dei nostri eroi, secondo il Renzi pensiero, la cooperazione di solito prende le forme delle politiche di espansione dell’Eni o, come in Irak, del supporto alle nostre gloriose imprese protette da centinaia di soldati italiani. Naturalmente i termini della cooperazione dovrebbero essere discussi con gli stessi soggetti che, come si diceva, governano i propri paesi secondo gli alti principi della democrazia, come il caso Regeni suggerisce. A proposito, come mai non se ne sente più parlare?

Ma cerchiamo anche di capire come sta andando l’accordo con la Turchia. La rotta balcanica in realtà si è bloccata, parrebbe più per le azioni fascistoidi di quasi tuti gli stati interessati da quel percorso più che per l’azione dei turchi. Non che Erdogan e & C. non ci mettano del loro, si intenda. Semplicemente hanno bloccato i punti di ingresso e i siriani che non sanno più da che parte scappare dalle violenze della guerra, sono costretti ad ammassarsi in qualche posto nei pressi del confine con la vicina Turchia, ma sempre in Siria, che dia un minimo di garanzia (si fa per dire) di sicurezza. Nel frattempo, le cose non pare funzionino senza intoppi e già la UE tira il culo indietro sull’accordo che prevede la facilitazione dei visti di ingresso per i cittadini turchi. Ora poi, e finalmente anche se il tempismo suscita qualche sospetto, ci sarà da capire come la Turchia digerirà la decisione del Bundeshtag che riconosce il “genocidio” degli armeni.

Secondo alcune fonti piuttosto attendibili, c’è un robusto spostamento di profughi (soprattutto siriani), che attualmente sono bloccati e spesso in condizioni poco umane in Turchia, verso la costa Egea, dalle parti di Izmir. Proprio dove pare sia maggiormente organizzata la macchina logistica (che nel passato ha già raggiunto le coste italiane) che si occupa di portare dall’altra parte del Mediterraneo chi desidera rischiare ed ha ancora quattro soldi per provarci. L’accordo salta? Non vogliamo sottostare ai (non a tutti) ricatti di Erdogan? Beh, mi sa che allora ci conviene organizzarci.

D’altra parte la bella stagione è cominciata e non si sa quando e quanti turisti arriveranno sulle nostre coste; già si capisce però quanti poveracci lo faranno, e alla svelta. Chi naturalmente riuscirà a non finire pasto per i pesci.

Forse sarebbe meglio cominciassimo a pensare a come trovare un’alloggio, un sistemazione e come organizzare un’accoglienza decente a queste persone. Sarà estremamente complicato, ci vorranno fondi, energie, ci sarà da litigare con i Salvini (ma non solo) di turno e con chi comunque anche qui sta con le pezze al culo (che naturalmente meriterebbe altrettanta attenzione), ma non abbiamo alternative. Sarà bene cominciare però a trovarle; certo, partendo da posizioni diametralmente opposte rispetto a quanto abbiamo immaginato fino ad oggi. E magari mettendo le cose in chiaro con i responsabili di quell’Unione Europea che di fatto esiste solo sulle carte e nei meandri paludosi di banche e finanza. Il fenomeno delle migrazioni non può essere scaricato solo sulle spalle di chi ne è maggiormente esposto; se l’UE ha ancora un senso o se vuole averne uno, deve assumersi le proprie resposabilità. È d’obbligo che le risposte a questo evento planetario (ricordiamoci che non si emigra o si cerca riparo solo in Europa) vengano non da stati singoli, ma da soggetti sovranazionali che impongano a tutti il rispetto delle regole. Si scatenerà un enorme casino, l’Europa correrà davvero rischi di dissoluzione, ma in caso contrario, la sua sorte di disgregazione sarà già segnata.

Perchè al peggio, si sa, non c’è mai fine e basta guardarsi attorno per capire quale potrebbe essere l’aternativa; le elezioni recenti in Austria dovrebbero dirci qualcosa. Ma le stesse reazioni di paesi (soprattutto quelli scandinavi) che nel passato rappresentavano il senso stesso della socialdemocrazia e del diritto, ora raffigurano solo la profondità della miseria culturale in cui siamo sprofondati.

Certo, se uno poi si immagina di risolvere la questione con un bell’hotspot su una portaerei, ha veramente poco diritto di replicare a Salvini definendolo meschino.

Bruno Tassan Viol

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