DA BOLOGNA A BAGHDAD PASSANDO PER KABUL E DINTORNI
3 Agosto 2016
la (S)Korea del Nord
20 Settembre 2016

Incroci pericolosi

Grande è la confusione sotto questo cielo

ed io provo ad aumentarla….

 

Sarà l’aria di quest’estate bizzarra, il clima delle ferie che tende a rilassare anima e corpo e rallenta le funzioni, compreso il cervello, ma nonostante gli sforzi profusi, non riesco proprio a mettere assieme i vari tasselli dell’immenso casino che si sta sviluppando in Medio Oriente. Peggio di uno svincolo autostradale nel periodo di ferragosto o di un semaforo in città nell’ora di punta.

In un recente passato avevo definito quella situazione sostenendo che tutti si stavano facendo i cazzi propri; ecco, dovessi provare a trovare un immagine oggi, non cambierei neppure (infatti non c’era) una virgola. Solo che nel frattempo le cose si sono ulteriormente incasinate.

Diciamo che se volessimo trovare un momento topico, una chiave che abbia offerto maggiore energia all’ennesima svolta negli equilibri di quella martoriata area, probabilmente dovremmo tornare indietro di qualche settimana e ripartire da quell’immenso bordello che è stato il colpo di stato in Turchia. Non dico presunto colpo di stato, poichè, nonostante le cose abbiano preso una piega esattamente opposta rispetto alle intenzioni di chi quel golpe ha diretto e organizzato, a questo punto possiamo tranquillamente sostenere che il “golpe” si è realizzato. Complimenti a chi lo ha pensato.

Non credo sia troppo difficile dire che lo zampino dell’occidente ci sia stato, eccome. Le stesse reazioni dei nostri governi rispetto a quanto (oppure non) successo, la dicono lunga sulle attese che Europa e Usa avevano riposto in quell’atto. Pensare che le nostre, impropriamente dette, intellingence non sapessero nulla rispetto a ciò che stava accadendo mi pare decisamente assurdo. Credere che poi il principale accusato da Erdogan, Gulen, non ci azzeccasse per  niente, sembra altrettanto patetico quanto le sue dichiarazioni di innocenza. immaginare poi che si tratti solo di una questione tra i due rispetto all’interpretazione dell’Islam, significherebbe ignorare quale sia il diretto interesse dei contendenti nell’economia turca.

Ma dunque, com’è che Erdogan è venuto a sapere dei piani di chi lo voleva esautorare (anche fisicamente a quanto pare)? A me verrebbe da pensare che Mosca qualcosina debba avergli sussurrato  all’orecchio; non si spiegherebbe come altrimenti un piano che coinvolgeva così ampi strati della società turca, dalle alte sfere dell’esercito, alla magistratura, alla classe imprenditoriale, sia finito in maniera tragicomica. Erdogan che scappa una quindicina di minuti prima dell’irruzione dei corpi speciali nell’albergo che lo ospitava, l’immediata chiamata all’appello dei suoi sostenitori attraverso una registrazione su un “social” poi andata in onda via tv (non quella di stato, ma comunque una tv privata influente), la pronta reazione della polizia, fanno pensare che la risposta fosse già bella pronta e le cose si sapessero già piuttosto diffusamente in anticipo. Lo stesso fatto che la vendetta si sia compiuta così spietata e rapida, non può che significare un “contropiano” fosse già bello pronto.

Gli effetti del profondo litigio tra Russia e Turchia causato dai divergenti interessi in Siria ed emersi drammaticamente con l’abbattimento del bombardiere russo, ha messo Mosca in maggiore difficoltà rispetto ad Ankara (comunque profondamente provata dalla sospensione di commercio e turismo da parte dei russi) e la cancellazione del progetto del gasdotto che attraverso la Turchia arriverebbe direttamente in Europa, aveva parecchio complicato le ambizioni di Putin di tagliare fuori l’Ucraina dalle rotte di esportazione del suo gas verso il principale acquirente di quel prodotto. Lo stesso tentativo di migliorare le relazioni con Teheran andrebbe visto in prospettiva (oltre che di avere un pesante alleato in zona) di una ridefinizione delle rotte che portano il gas ai paesi europei. Dunque, avere contro la Turchia in una situazione così complicata come quella siriana, non fa certo comodo a Mosca. Ora pare che le relazioni tra questi due paesi vadano verso un apparente appianamento dei problemi, ma rimane il fatto che ora come ora è più Putin ad avere bisogno di Erdogan che viceversa.

Che poi Europa e Usa (cioè Nato) si accorgano solo ora che Erdogan è un fascista (e megalomane), che reprima duramente i suoi oppositori e chi manifesta un’opinione diversa dalla sua e che del problema dei profughi ne faccia solo una questione di mera trattativa degna del peggiore souk, fa pensare che ci sia un minimo di distrazione e un massimo di paraculismo. Non è certo da ieri che nelle prigioni turche finisce chi solo si permette di dissentire dal grande capo apprendista sultano o che le manifestazioni finiscano in pestaggi o peggio, come successo a Suruc o Ankara. Tanto c’è sempre l’Isis a cui affibbiare tutto quanto di lercio anche altri soggetti riescono a combinare. Magari sarebbe anche bene ricordarsi che nelle città kurde, sia in Turchia che in Iraq, ormai da precchio tempo si vive tra la pioggia di bombe (dell’esercito turco) e il coprifuoco, dopo che Erdogan e soci hanno fatto carta straccia delle proposte di dialogo del PKK.

Ma, tornando a quel gran pasticcio che in generale è il Medio Oriente, gli sviluppi delle relazioni tra Russia e Turchia, non possono che riflettersi sulle dinamiche di quell’area. La Turchia ha estremo bisogno di evitare che si crei quella zona di cuscinetto ai suoi confini con la Siria che avrebbe anche continuità con la parte settentrionale dell Iraq (sotto diretto controllo di Erbil) e che, al di là delle profonde divisioni che esistono tra Kurdistan siriano ed irakeno, potrebbe portare ad una grande autonomia (o peggio indipendenza) di quell’area, primo tentativo di dare forma ad una eventuale formazione di uno stato kurdo che, inevitabilmente, avrebbe riflessi direttamente nel Kurdistan turco. Cosa che Erdogan (e gran parte dei turchi) vede come fumo negli occhi. Non è un caso che negli ultimi giorni gli aerei governativi siriani abbiano cominciato a bombardare le postazioni dei kurdi dell’YPG, che invece sono appoggiati dagli Usa. Ovviamente i russi non possono farlo direttamente, ma Assad sì. Il fatto che gli Usa combattano con l’YPG non può far felice Erdogan e ciò non può che complicare i rapporti tra i due Paesi, ma Erdogan che tutto è fuorchè un fesso, sa anche che (e lo sanno ovviamente anche gli Usa) la Nato ha estremo bisogno della Turchia e che la Turchia non può neppure pensare di togliersi dalla Nato. Infatti ha concentrato le sue truppe ai confini con la Siria, e probabilmente anche oltre, senza che ciò provocasse troppe reazioni da parte della cosiddetta comunità internazionale.

Così, siamo ulteriormente e dannatamente ostaggi del sultano che per indebolire i kurdi, continua a far passare armi e rinforzi all’Isis, contribuendo poi a bombardarlo in alleanza con gli Usa (& C.), passando poi, visto che ormai i suoi jet sono di strada, per il Kurdistan Iraqeno smollando qualche confetto sulle teste del PKK che da quelle parti (Qandil) ha le sue basi.

In compenso Assad non è più il principale nemico da eliminare (non subito, che venga in seguito sacrificato direi è fuori dubbio) e Putin può più agevolmente pensare alla strategia russa per non perdere influenza in quell’area.

Nel frattempo ancora, Al Nusra si dissocia da Al Qaeda e si appresta ad uscire dalla lista dei gruppi terroristici. Così, con una semplice manovra di cambio di nome all’anagrafe, gli Usa sperano di ingannare i russi (che non potranno, si fa per dire, bombardare l’opposizione “moderata”) e il resto del mondo, sostenendo che quei briganti barbanera sono divenuti docili come agnellini e non sono più i cattivoni che qualcuno sosteneva fossero. Fantastico! E il bello è che qualcuno ci crede veramente, mostrando quale sia la serietà di questo nostro pazzo mondo.

Insomma, in conclusione, Assad non ha più i giorni contati ma gli si prolunga (vedremo più avanti con quel scadenza) il contratto, la Turchia proverà in tutti i modi (e l’alleanza con i russi potrebbe essere un’arma di forte ricatto verso gli Usa) ad evitare che si crei una zona a forte autonomia kurda (già sopporta male quella iraqena) ai sui confini con la Siria. La Russia alla fine è probabile che riesca a mantenere la propria influenza in quell’area salvaguardando per ora le sue mire di potenza internazionale. L’Iran (ci eravamo dimenticati di loro) cerca da una parte di tamponare le mire dei sunniti, in quella zona strategicamente ancora indispensabile, che vorrebbero (oltre all’influenza) anche un simpatico sbocco sul Mediterraneo (che piacerebbe naturalmente anche agli ayatollah). La guerra di dominio sull’area tra sciiti (Assad, Iran, Hezbollah) e sunniti (Arabia Saudita, Emirati Arabi principalmente) continua e non solo su quel fronte;  siamo completamente e colpevolmente distratti sul macello che si vive quotidianamente in Yemen. Israele al solito se ne frega degli altri e coltiva (a quanto pare proficuamente) i propri interessi; alla fine il risultato è una situazione di insanguinato stallo.

Gli Usa, eccoci qua. Cosa faranno i gloriosi Stati Uniti d’America? Questo è il grande dubbio, non pare abbiano le idee troppo chiare e questo non può che complicare ulteriormente la situazione. Troppi interessi e troppi alleati con cui i rapporti si rivelano problematici, creano un terreno difficile da percorrere e una soluzione per uscirne estremamente complicata da trovare, per rimanere indenni ed evitare contraccolpi. La strategia del colpo al cerchio e alla botte a lungo andare non può pagare. A meno che l’obiettivo non sia proprio quello di mantenere una costante destabilizzazione di quel pezzo di pianeta.

Il bello è che tutti questi protagonisti, a parte l’Isis ovviamente, sono tra di loro in qualche modo alleati, non solo da quelle parti, ma anche altrove e anche lì con interessi divergenti (Libia docet); perlomeno nel combattere (più o meno, chiaro) il dichiarato nemico comune, appunto l’Isis.

A pagare rimarranno solo quei poveracci che non leggendo i nostri giornali, mai avranno la fortuna di saprere se le bombe che cadono loro addosso sono governative, russe, di Al Nusra (pardon, Jabhat Fatah Al Sham), turche, giordane, saudite, statunitensi, dell’Isis o di chi cazzo d’altro sta combattendo; ufficialmente per difenderli. Immagino che, vista la situazione, i siriani preferirebbero che, indipendentemente dalla provenienza, quelle bombe semplicemente smettessero di cadere loro addosso. Potrebbero così partire ad immaginare di ricostruire (forse assieme) un Paese disintegrato, magari cominciando a mangiare un po’ più regolarmente di quanto non accada loro da troppo tempo, di potersi curare dalle ferite inflitte ai loro corpi e alle loro menti. In parole povere, provare a ricominciare a vivere.

Dulcis in fundo, ci stavamo scordando del ruolo dell’Europa: non pervenuto. Nemmeno una cartolina da Ventotene….

Bruno Tassan Viol

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.