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DA BOLOGNA A BAGHDAD PASSANDO PER KABUL E DINTORNI

Giusto l’altra sera stavo guardando uno speciale sulla strage di Bologna di ormai 36 anni fa. Quelle scene di corpi, alcuni straziati, altri urlanti cercando soccorso erano terribili. Quelle scene a cui nell’ultimo periodo ci siamo purtroppo abituati, le stesse conseguenti all’ennesimo attentato jiahdista. Oppure quelle che ci fanno meno male e ci colpiscono con minor effetto, ma identiche nella loro straziante realtà; l’unica differenza è che quei corpi martoriati non appartengono generalmente a nostri connazionali o a persone occidentali, ma a poveracci che hanno subito la malasorte di nascere e crescere in luoghi sfigati. Anche loro spesso vittime di attentati della stessa matrice, della stessa natura, ma di cui mai sapremo nomi o conosceremo dettagli relativi alla loro vita. Ancora più spesso vite spezzate dagli effetti della guerra, dalle bombe che cadono dal cielo e non guardano in faccia nessuno, ordigni lanciati da bombardieri con le nostre insegne ma che se non cadono in testa a qualcuno di noi, ci fanno l’effetto di un refolo di vento.

Forse la discriminante passa attraverso la definizione dell’evento; un conto è se lo definiamo terrorismo, altro è se lo chiamiamo effetto collaterale. Spiegare tale fine differenza a chi quella guerra la subisce, non è affare da poco.

Ma detto ciò, cerchiamo di capire qualcosa di più su ciò che definiamo terrorismo. Stiamo vivendo momenti difficili, non ci si sente più al sicuro nemmeno quando si esce per andare al bar e tutti malediamo quei feroci assassini che potrebbero colpirci in qualsiasi luogo e momento, così, a tradimento. Malediamo quei fanatici infami che si e ci fanno esplodere in nome di una loro convinzione religiosa, così almeno ci dicono, e che minacciano la nostra sicurezza e tranquillità. Non riusciamo più a capire cosa fare, come difenderci, se è davvero poi possibile difenderci. Chiediamo sicurezza, maggiori controlli, polizia ed esercito a garantirci la possibilità di uscire di casa.

Ecco, a questo ci porta questa situazione di esasperatezza, a barattare la nostra libertà con un maggiore controllo ed una maggiore invasione nella nostra vita privata. Cosa cambia dunque rispetto a quasi una cinquantina di anni fa, quando le varie stragi fasciste da Piazza Fontana, a Piazza della Loggia, alla Banca dell’Agricoltura, all’ Italicus e via fino a Bologna hanno provocato un numero di morti paragonabile a quelli attuali? Ci ricordiamo quali erano i risultati che chi materialmente o politicamente si aspettava da quegli eccidi? Ci ricordiamo chi c’era dietro a quegli efferati fatti? E dunque qual’è  il vero scopo del terrorismo, e a chi possa interessare di farci vivere nella paura?

Viviamo temi difficili, si diceva poc’anzi, ma non solo perchè si rischia di trovarci in vicino a qualche imbecille esaltato che si fa saltare in aria, ma anche perchè c’è in atto un attacco senza precedenti non solo al diritto alla sicurezza, ma al diritto in genere. Ci raccontano che se siamo nella merda fino al collo, è perchè abbiamo esagerato con la nostra spericolata vita vissuta come nababbi. Mica perchè stiamo pagando i debiti provocati dalla finanziarizzazione della nostra economia e dal relativo collasso di banche e finanziarie che si divertivano come matti a giocare con soldi nostri e spesso neppure esistenti. Che stiamo pagando degli interessi su tale debito (arrotondando siamo sui 130 miliardi di euro/anno, mica balle) che ci dissanguano e che mai saremo in grado di risolvere quel debito. Che siamo destinati a vivere dell’elemosina di chi continua imperterrito nella sua beata spensieratezza e che non solo non paga per i crimini che ha compiuto, ma anzi, grazie ai nostri soldi aumenta il suo capitale personale.

È chiaro che prima  o poi qualcuno si incazzerà, comincerà a realizzare che ci hanno preso e continuano a prenderci per il culo e dunque cominceràa pensare che c’è qualche conto da regolare. Che finalmente arriverà il momento che ci si infurierà in molti e in molti chiederemo conto del disastro in cui tranquillamente precipitiamo. E dunque impedirci di scendere in piazza, rivendicare i nostri diritti, a partire da quello di arrabbiarci sul serio, cozzerà violentemente contro gli interessi di quei sempre di meno che gozzovigliano alla facciaccia nostra.

Ecco, forse allora sarà troppo tardi, sicuramente molto più difficile farci ascoltare; il terrorismo avrà fatto il suo sporco lavoro e forse solo allora cominceremo a chiederci come mai siamo finiti in questo modo. Sperando che nel frattempo proveremo a pensare veramente in modo indipendente senza farci soggiogare da chi continua impunemente a farsi i cazzi propri e da chi attraverso la stragrande maggioranza dei media continua a convincerci che non c’è alternativa.

Bruno Tassan Viol

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