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Anno nuovo, vecchie abitudini. Mini-CIE e Minni-ti

Finalmente uno con le idee chiare. Uno che non ha neppure bisogno di farsi un attimo l’idea di dove sia capitato e parte immediatamente lancia in resta. D’altra parte, col precedente che avevamo, tutto si fa possibile. In ogni caso, pare che il freddo pungente di questi giorni, abbia inciso sulla funzionalità della sua materia grigia; si sa, l’assenza di capelli (e io ne so qualcosa) mal sopporta temperature così fredde e dunque nessuna sorpresa se le trovate non sono poi troppo brillanti. Se proprio proprio vogliamo inisistere, possiamo tranquillamente dire che anche in precedenti fasi della sua carriera, il nostro non si sia mai dimostrato un fulmine di guerra. Pazienza.

Rimane il fatto che uscire con una proposta come quella di aumentare il numero dei CIE, proponendone uno per ogni regione, a me pare una solenne cazzata. Mica solo a me, quello sarebbe niente, ma alla stragrande maggioranza delle persone sane di mente. Pare che le esperienze del passato non siano servite proprio a nulla e che lo sfascio totale del sistema e il degrado in cui le persone vengono (in alcuni casi venivano, in quanto alcuni CIE sono stati chiusi) tenute, non abbiano insegnato alcunchè. Il fatto che i CIE siano in realtà delle galere in cui spesso neppure i parlamentari hanno accesso e che al loro interno venga ospitata gente di tutti tipi, che nessuno sia in grado di garantire protezione a chi ne ha bisogno, che i racconti di chi ne è stato ospite siano agghiaccianti, non pare importare troppo. Anzi, gli stessi che ad un certo punto avevano giustamente sollevato dubbi sulla bontà di quei centri, ora sembra si siano convinti del contrario. Giusto per capirci, nei CIE finiscono sia queli che hanno commesso un reato, che quelli che l’unico reato (ahimè anche essere senza permesso di soggiorno è reato) di cui sono accusati è di aver perso il lavoro, magari dopo anni di regolare attività, e a causa del permesso scaduto, nochè altri finiti lì pur essendo in possesso di una protezione internazionale e che terminato il periodo di accoglienza, finiscono in mezzo ad una strada. Insomma, là dentro ci finisce un po’ di tutto.  Una specie di inighiottitoio.

La gestione di questi centri è spesso stata affidata a soggetti che non sempre avevano i requisiti per farlo e non sono pochi i casi di malversazione e di truffe realizzate alle spalle dei poveri disgraziati che affollano quei centri e a spese dei contribuenti. Gradisca, ma non solo, insegna.

Ecco, solo un genio poteva pensare che la soluzione ai problemi legati al fenomeno delle migrazioni possa essere risolto con una trovata del genere. Anche la nostra ondivaga Presidente della Regione (non Governatrice, titolo che non esiste per chi governa una Regione) pare titubante e poco chiara rispetto a ciò che chiede e vuole. Prima chiede le espulsioni, poi sostiene che i CIE non sono una soluzione, poi ancora cambia idea e dice che sì, si possono e devono fare, ma piccoli. Mi viene in mente una vecchia barzelletta, ma troppo sconcia anche per questo sito. Detto che se si tratta di centri piccoli non si capisce bene che risposta possano rappresentare, sarà bene che la Serracchiani trovi una decisione unica e precisa; magari dopo averci ripensato e capito che i CIE sono una totale assurdità.

Quanto al nostro eroe del giorno, Minni-ti, a me non è mai parso un genio, ma stavolta dimostra che al massimo potrebbe rappresentare un’istituzione a Topolinia, coadiuvato da Basettoni e da Topolino. Il fatto è che probabilmente, dopo la batosta del referendum, il suo partito prova a svoltare e ad inseguire le opinioni più becere in circolazione. Chissà, magari può tornare comodo un novello patto del Nazzareno, visto che lo sbandierato 40% autoaccreditatosi dal PD in seguito al risultato del referendum pare convincere pochi. Per recuperare un po’ di voti, meglio affidarsi alla demagogia e urlare assieme al branco. Se ne sentiva davvero il bisogno…

Come si faccia ad essere convinti che questo fenomeno si possa governare attraverso il pugno duro senza rendersi conto della sua dimensione e delle origini che lo hanno provocato, francamente non si riesce a capire. Si (s)ragiona sul fatto che uno abbia o meno diritto a rimanere sul nostro territorio sulla base della sua provenienza e chi non arriva da Paesi in guerra non ne abbia diritto; ora, le leggi internazionali sono piuttosto chiare su questo punto, ogni persona ha diritto a richiedere asilo, sarà l’apposita Commissione poi a decidere se la richiesta si basa su ragioni reali o meno.  Questo dal punto di vista strettamente legale; poi naturalmente, ci sarebbe da discutere sul fatto che uno abbia più diritto di scappare di fronte alla possibilità di beccarsi una pallottola, di sciogliersi a causa di una delle bombe intelligenti o meno magari perchè qualche poveraccio decide di farsi saltare, oppure in seguito all’impossibilità di procurarsi di che vivere, dal cibo alle medicine all’acqua o cosucce del genere.  È chiaro che qui ognuno dice la sua; da parte mia non vedo grosse differenze tra una causa e l’altra.

Se poi uno volesse, ma qui mi rendo conto che sarebbe necessario un po’ di maggiore buon senso rispetto alla media in circolazione, capire come mai i fenomeni di cui sopra avvengono, potrebbe tranquillamente decidere che le responsabilità sono principalmente nostre. Oddio, non nostre in senso stretto, cioè non di noi che tutto sommato vivacchiamo, ma di chi sulla pelle degli altri, soprattutto di coloro che poi scappano verso i nostri Paesi, specula ed accumula fortune immense.

Poi, giusto per finire, è chiaro che fenomeni come questi non si affrontano e tantomeno si risolvono nè con il rifiuto di vedere al di là del proprio naso, nè con la facile demagogia del venghino lorsignori. Mi spiego, perché mi pare doveroso evitare incomprensioni. L’impatto che la nostra società subisce di fronte a migrazioni che ormai hanno assunto numeri davvero consistenti, non è insignificante; incide profondamente sia sul nostro modo di vivere che sulla nostra già agonizzante economia. Non sugli strati più robusti della nostra comunità, ma su quelli più deboli mettendo in contrapposizione i poveracci con i disperati. È vero che viviamo in una società che invecchia rapidamente e il cui ricambio fisiologico non è garantito da noi stessi. È vero che chi arriva da lontano è destinato a rappresentare una buona fetta della comunità del nostro futuro. È vero che abbiamo bisogno di loro. Rimane il fatto che tutto ciò corrisponde a realtà solo se si ipotizza un cambiamento radicale del nostro modo di vivere, della nostra economia, se si riuscirà a vivere in una società che ridistribuisca in modo equo le ricchezze e le risorse. Se ciò non dovesse accadere, dove e come immaginiamo di inserire i nuovi arrivati? Quale lavoro pensiamo ci sia per noi e per loro? Le nostre pensioni saranno pagate da loro solo se ci sarà a disposizione un lavoro decente e decentemente pagato. Per loro e per noi. Se così non fosse, non riusciremo ad andare oltre ad una disperata lotta per la sopravvivenza tra morti di fame. E  certo non sarà un bello spettacolo, e certo sarà difficle immaginare ciò che realmente potrebbe succedere, perchè una cosa è certa, la migrazione non è un fenomeno destinato ad arrestarsi, anzi aumenterà sempre di più e non saranno certo CIE o espulsioni, i cui costi non sono in ogni caso sostenibili, a porci una toppa. Giusto per dirne una, la Nigeria che è uno dei Paesi da cui arriva una bella fetta di migranti ed una Nazione in forte espansione ma con grossissimi problemi tra cui un’immensa corruzione, nel 2050 si prevede avrà 500.000.000 di abitanti. L’Africa sub sahariana viene di anno in anno sempre più divorata dal deserto e i terreni coltivabili sono sempre più ridotti e poveri. I movimenti delle persone, dei suoi abitanti, hanno dimensioni sempre più bibliche. Il Medioriente è stato disntegrato grazie alle nostre guerre che dovevano portare democrazia ed hanno lasciato solo tabula rasa. Milioni dei suoi abitanti hanno lasciato le loro case e non sanno dove riparare. Pensiamo davvero rimarranno lì?

Sarà bene cominciare a ragionare seriamente su come affrontare questi problemi, l’alternativa è davvero peggiore di quanto possiamo immaginare. Per ora non rimane che trovare una soluzione che però non potrà che essere transitoria e dunque continuare sul modello dei piccoli centri di accoglienza; naturalmente ci sarebbero da rivedere i meccanismi di assegnazione della gestione di quei centri, a coinvolgere maggiormente le Amministrazioni Pubbliche Locali, ma soprattutto riuscire a creare le necessarie sinergie con il tessuto sociale ed associativo locale, unico elemento in grado, non si dice di integrare, ma di iserire quel minimo dovuto i migranti sul nostro territorio.

Se poi dovessimo parlare del necessario coinvolgimento dell’Unine Europea, sarebbe meglio cominciare a chiederci se questa entità esiste davvero al di là di un gruppo di persone non elette che formano la Commissione e decidono praticamente tutto. E male.

Bruno Tassan Viol

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