Bianca – oggi presidente della sezione Anpi dello Spilimberghese – è un’esponente storica del femminismo pordenonese; è stata anche per alcuni anni la responsabile femminile della Federazione provinciale del Pci, proprio negli anni di cui si parla. Condividiamo da sempre, viste le particolari culture ed esperienze di movimento vissute, una diversa ma parallela storia di comunisti/e “critici/he”, tanto militanti quando insoddisfatti/e per un’esperienza importante ma – e non poteva che essere così, trattandosi di uno dei partiti comunisti con il più grande radicamento nel mondo extrasovietico: il “partito nuovo” togliattiano era un partito di massa, e non una setta di “puri e duri” come talvolta furono alcuni partiti comunisti minoritari – così articolata da contenere a volte un sacco di contraddizioni.
Vista la sua sensibilità e memoria, ed essendo stata una delle prime lettrici della mia relazione sui concordati del 1929 e 1984, mi ha scritto: «Ho scorso i tuoi appunti sulla questione concordataria. Mentre ti soffermi assai giustamente sul divorzio, non mi sembra aver visto riferimento al tema della 194 e successivo referendum (194 che ritengo fortemente svilita dall’inserimento dell’obiezione di coscienza, che considerai all’epoca assoluto omaggio e resa al Vaticano e che, alla prova dei fatti, rischia di vanificare il diritto contrapposto delle donne. C’è un motivo specifico per il quale hai escluso l’argomento dalla trattazione? Con i tempi ci stiamo, tutta la storia della 194 avviene prima del 1984. Voglio capire eventuali differenze critiche (diritto individuale, possesso del corpo e quant’altro) tu abbia valutato. Vero è che all’epoca il movimento femminista si preoccupava più dell’ingerenza dello Stato nei propri uteri; si accettò (almeno io) i compromessi della 194 solo per garantire l’assistenza sanitaria gratuita e non rendere la possibilità di aborto un “problema di classe”. Ho sempre conservato i dubbi che avevo all’epoca sulla giustezza del compromesso, gli interventi contrapposti a sinistra che hai pubblicato, succedutisi in varie epoche, mi hanno riaperto l’interiore dibattito.»