E il Rojava?
L’ultimo pensiero di Bruno offre, come sempre, uno smaliziato tuffo nella realtà oscena della guerra, realtà grossolanamente mistificata e capovolta dalle narrazioni ufficiali…
Nel quadrante che Bruno prende in considerazione manca un tassello: Il Rojava.
Nel casino totale del medio-oriente fatto di superpotenze e potenze locali che si confrontano per gestire i propri interessi con doppi e tripli giochi troviamo anche i curdi siriani con il loro progetto di confederalismo democratico, lontano anni luce da qualsiasi scontro confessionale ma anche dal modello liberista dominante. Un faro nella nebbia di guerra.
Pare addirittura che i curdi che si rifanno alle recenti teorizzazioni di Ocalan, abbiano rinunciato alla prospettiva di uno stato curdo anche perché tra Turchia, Siria, Iran e Iraq ce l’avrebbero davvero dura…tanto più che Barzani, padre padrone dei curdi iracheni, foraggiato dagli Stati uniti per defenestrare Saddam e distruggere l’integrità territoriale di quel paese, è pronto a fargli le scarpe in nome di un’alleanza strategica con la Turchia.
I curdi tutti quindi come pedine del progetto di disfacimento degli stati non allineati del medio-oriente?
Certo. compresi i compagni e le compagne del Rojava (almeno nelle intenzioni di chi li sostiene). E’ infatti noto che la liberazione di Kobane non sarebbe stata possibile se, a fianco della incontestabile determinazione combattente curda (da quelle parti o si vince o si muore…), l’aviazione statunitense non avesse martellato giorno e notte le postazioni dell’Isis. Così come è noto che da allora il sostegno militare a stelle e strisce (materiale ma anche, suppongo, d’intelligence) sia stato determinante per la controffensiva e successiva espansione curda a scapito delle forze jihadiste (Isis e Al-Nusra) e indirettamente a scapito anche della Turchia.
Ma come? Ma gli Stati Uniti non sono forse alleati strettissimi della Turchia, caposaldo della Nato? Ma gli Stati uniti non continuano forse a sostenere politicamente e materialmente (via Arabia Saudita) Al-Nusra per quanto con mutata denominazione? Certo. Ma agli Stati Uniti che cazzo gliene frega, in fondo? Loro mica cercano la coerenza ideologica (oggi sei mio amico domani ti sparo in faccia)…Il loro obiettivo è quello di far saltare l’integrità anche dello stato siriano. Giocano la loro sporca partita non su due ma su tre, quattro staffe.
La Russia ha un obiettivo per la Siria diametralmente opposto ossia fare in modo che la Siria resti tale. Un tempo anche la Russia sosteneva i curdi del Rojava ma recentemente ha sacrificato questo sostegno in nome di un caloroso avvicinamento strumentale verso la Turchia (indispensabile per la questione, mica da poco, dei corridoi energetici).
Ma come? La Russia non è alleata di ferro di Assad di cui la Turchia vorrebbe la fine?
Potremmo continuare quasi all’infinito nell’indicare le responsabilità ed i paradossi che si consumano da quelle parti (per quanto quelli occidentali superino infinitamente, per quantità e qualità, quelli russi).
Ma torniamo ai curdi. Tra tutti, solo quelli iracheni sono funzionali e organici al piano statunitense (esiste poi questo piano?) perché il loro staterello se lo sono già di fatto costituito. E guai a chi li tocca…
Tutti gli altri (curdi), lo hanno più volte ufficialmente ribadito: non vorrebbero uno stato ma semplicemente la possibilità di farsi un poco i cazzi propri senza essere massacrati dai turchi o dai fascio-jihadisti. Chiedono, a mio modo di vedere, realisticamente, non sovranità nazionale ma autonomia amministrativa da gestire con il loro confederalismo democratico.
C’è davvero da preoccuparsi per loro…
Una volta ricomposta la sovranità della Siria (che avverrà a meno che i russi non facciano un triplo avvitamento mortale e scarichino Assad), non è detto che il governo di Damasco, con cui i curdi bene o male hanno collaborato in funzione anti-jihadista, non decida di schiacciarli per evitare future rivendicazioni, per accontentare la Russia forte della sua pseudo-alleanza con la Turchia o barattando con la Turchia stessa minore ostilità.
Chi può dirlo?
Una sola certezza domina incontrastata sui cieli del Medio oriente e non solo: i profitti stellari dell’industria bellica occidentale, anche italica.
Gregorio Piccin
1 Comment
Potrei dire che Rojava, purtroppo per certi aspetti, è effettivamente il tassello meno incisivo nelle dinamiche dell’area. Naturalmente, come dici tu, quel fenomeno andrebbe analizzato cercando di superare il fascino che Rojava ha provocato su di noi. Certo, Rojava rappresenta un aspetto, una novità che da quelle parti assume un ruolo sicuramente innovativo, interessante. Purtroppo rispetto alle altre forze e agli interessi in campo, sarà destinata ad assumere un ruolo marginale, schiacciata tra forze e tornaconti decisamente più forti. Il progetto di Rojava, in ogni caso, sarebbe stato (e per questo avrebbe avuto una sua importanza) di realizzare una fascia omogenea e kurda al confine con la Turchia senza soluzione di continuità e che andava dal Mediterraneo all’Iraq. Progetto che evidentemente cozza violentemente con gli interessi della Turchia e di chi cerca indispensabili alleanze con quello stato. Gli Usa cercano di barcamenarsi alla meno peggio in una situazione in cui qualsiasi scelta possano fare, potrebbe risultare indigesta a molti altri attori. Hanno cercato di mettere i kurdi contro Assad soprattutto ad Hassaka, ma senza poi ottenere grandi risultati, anzi di fatto isolando ulteriormente Rojava.
Credo che alla fine, quando mai ci sarà una fine, i curdi siriani dovranno accontentarsi al massimo di una qualche autonomia, frutto della non dichiarata ma di fatto esistente, alleanza con il regime di Assad. Insomma, Rojava, a questo punto ed in questo contesto, è praticamente politicamente insignificante. Se non per noi che giustamente vediamo quell’esperienza come un esperimento di pratica democratica. Aggiungerei anche che questa realtà ha maggior significato ed impatto nella zona occidentale (Kobane) piuttosto che in quella orientale (Qamisli) del Kurdistan siriano che vede come proprio punto di riferimento il Kurdistan iraqeno di Barzani.
Quanto al futuro della Siria in generale, non sarei così sicuro che l’integrità del paese possa essere garantita. Se ciò dovesse, e io me lo auguro, accadere, si andrà avanti con guerre e massacri ancora per un bel po’. Probabilmente anche nel caso di una divisione del paese.