Il primo maggio 1909 nasce a Monenvasia, Grecia Yannis Ritsos, comunista e poeta.
La sua vita è un esempio di militanza e coerenza. Merita di essere ricordato per leggerlo o rileggerlo.
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Yannis Ritsos, comunista e poeta.
di Francesco Cecchini
Dal primo maggio 1909 all’undici novembre 1990, Yannis Ritsos ha attraversato il secolo breve lottando e scrivendo. Comunista e poeta, la sua poesia fu al servizio della causa alla quale dedicò la vita.
Giovane, alla fine degli anni 20 aderisce al Partito Comunista Greco (KKE). Partecipa alla lotta contro il nazifascismo. Dal 1948 al 1952 durante la guerra civile viene deportato perché comunista nelle isole Limnos, Makronissos, e Aï-Stratis, assieme a tutta una gioventù che in quelle isole fu, imprigionata, bastonata, torturata e uccisa. Scrive poesie raccolte in Diario della deportazione e Tempi pietrosi. Le poesie vengono nascoste in bottiglie, poi interrate.
Nel 1967 in Grecia, c’ è il colpo di stato dei Colonnelli. Di ritorno da un viaggio a Cuba, amici gli consigliano di nascondersi, ma rifiuta di abbandonare la sua casa di Atene. Lo stesso giorno del ritorno viene arrestato ed alla fine di aprile confinato nell’isola di Leros. Una scogliera senza acqua ed infestata da topi. Yannis n smette di scrivere poesie.
Molte volte è proposto per il Premio Nobel, ma non lo otterrà. Nel 1977 vinse il premio Lenin per la pace.
«Questo premio è più importante per me rispetto al Premio Nobel.» Dichiarò.
Da “Diario della deportazione”:
Tengono il vento per la mano.
A due possono andare dove vogliono.
Non vanno da nessuna parte.
Restano immobili in silenzio
si nascondono l’uno all’altro.
Da “Tempi pietrosi – Makronissiotiques”:
Ci hannno chiuso la bocca, compagno.
Ci hanno tolto il sole.
Non abbiamo cantato il nostro canto
quello che cominciava semplicemente, fortemente, amaramente:
Proletari di tutti i paesi unitevi
La notte quando una luna illegale e muta monta all’orizzonte,
l’ombra di un enorme stampella s’inscrive sulla scogliera di Makronissos.
Di questa stampella dobbiamo fare una scala,
dice Vangélis chino all’orecchio di Pétros
come cantasse il primo verso del nostro canto futuro.
Abbiamo tardato compagno. Abbiamo troppo tardato.
Dobbiamo cantare il nostro canto.
(traduzione dal francese di Francesco Cecchini)