Gian Andrea Franchi: Sono appena tornato dalla Palestina….
13 Agosto 2014
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Le colline della Palestina…

La seconda puntata del reportage dalla Palestina di Gian Andrea Franchi:

 

Le colline della Palestina sono devastate anche fisicamente dai fitti insediamenti dei coloni israeliani, legali e illegali: secondo le leggi israeliane, naturalmente, dato che non esiste altra legalità, che è, come ovunque, la forma che assume l’unica legge che conta, quella del più forte. Si vedono queste colline oberate di ammassamenti cementizi, anche molto alti, sia pur ricoperti della light stone palestinese, come peraltro le case autoctone, che li rende biancheggianti e come irreali nella loro truce realtà, spesso circondati da muri, sempre da postazioni militari.

Mah Adomin è un insediamento di coloni – circa 50.000 persone –, un settlement, come lo chiamano nella lingua interetnico confessionale, che sorge s’un’alta collina in una zona semiarida fra Betlemme e la valle del Giordano, ma più verso quest’ultima, ed è tutto un verdeggiare di piante e uno zampillare di fontane, mentre, intorno, fuori dall’insediamento, l’acqua che lì si spreca è un gravissimo problema palestinese (non israeliano).

Gli insediamenti dei coloni spesso circondano minacciosamente quelli palestinesi, rendendo assai difficili i collegamenti fra questi ultimi. “Dovete sentirvi degli intrusi!” è l’implicito grido del paesaggio ora verdeggiante, ora meno, ora semiarido, ora volgente al deserto, in cui alle coltivazioni tradizionali si sostituiscono sempre più quelle industriali.

Il massimo del deserto lo abbiamo raggiunto nella zona del Mar Morto, che chimicamente sempre di più muore, in cui va a sfociare quel fiumiciattolo del Giordano, ove si battezzò un giovane ebreo inconsapevole origine di un poderoso meccanismo di potere, anzi del più poderoso (due turisti in camicione lo imitavano: full immersion), anch’esso sempre più inquinato e inquinante.

Ma il massimo della desertificazione umana l’abbiamo trovata non molto più in là nell’accampamento di beduini ritenuto illegale e distrutto dai bulldozer israeliani, rioccupato dai beduini con figli, figlioletti, e animali (dominante puzza di merda!), coperture di latta e tendami in paesaggio allucinante di baracchi distrutte – e senz’acqua! che comprano a caro prezzo e gli fan storie per queste piccole autobotti da trattore che vengono sempre fermate e poi ad libitum militare rilasciate – lo abbiam visto.

E il massimo della resistenza, abbiamo incontrato fra quei beduini, secondo il motto spesso ripetuto: ESISTERE E’ RESISTERE e viceversa: resistere è esistere. Una vita al limite e pure sempre riafferrata coi denti in cui la riaffermazione della mera sopravvivenza strappata giorno per giorno e la dignità umana fan tutt’uno.

Certo, non basta. E lo sanno. Perciò parlano volentieri, incontrano volentieri chi viene da fuori con atteggiamento di solidarietà e ascolto.

E’ ovvio che a me venga in mente il motto del mio filosofo preferito: una disperata speranza. Così esco dal libro.

 

Gian Andrea Franchi

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