«Cattivo maestro» è l’appellativo che ha sempre accompagnato Toni Negri. Perché non prenderlo sul serio? È quanto fanno gli autori di questa ricerca centrata sul pensiero di questo filosofo materialista. Se Negri è stato e continua a essere un «cattivo maestro», la ragione sta nel fatto che in primo luogo è un pensatore di un genere suo proprio: comunista. Attraverso la ricostruzione del percorso personale, politico e filosofico di Negri, il libro cerca di seguire lo sviluppo della sua riflessione dagli anni del carcere (1979-1983) e dell’esilio francese (1983-1997) fino a momenti più recenti.
Emerge così che, tutt’altro che neutrale e innocente, la sua filosofia è reimpiantata «là dove doveva stare, nella vita e nelle lotte della gente comune». E il carattere perverso che non gli viene perdonato è proprio questo costante riferimento alle lotte. Ma anche e soprattutto la sua investigazione sul soggetto che le ha incarnate: ieri l’«operaio massa» della fabbrica fordista, oggi l’«operaio sociale» delle moltitudini.
Punto centrale intorno al quale si decide la qualità della filosofia di Negri è perciò il problema della soggettività rivoluzionaria e della sua produzione.