di Gian Andrea Franchi Fra i modi di rapportarsi al tragico dei nostri tempi – delle guerre continue, piccole e grandi, di una pace che, quando c’è, non è altro che la continuazione della guerra con altri mezzi – la fotografia, se diventa pensiero, è un medium esemplare. Certamente lo è nel caso del pensiero fotografico di Robert Capa: una meditazione sul rapporto singolarità/massa, singolarità/storia. Dico pensiero foto-grafico – scrittura con la luce – in senso proprio, non metaforico. La luce è l’elemento universale. Energia solare, stellare. L’energia dell’universo. Fonte della vita. La fotografia è scrittura con la luce, con l’elemento universale della vita. Ma, nella fotografia in generale, compare la singolarità del momento, di quel fascio di luce in quell’istante di colpo fuggito per sempre. Lo spazio-tempo. La fotografia, quindi, reca in se la sintesi del singolare e dell’universale. La grandezza della fotografia di Capa sta nell’esaltazione di tale qualità dell’arte e della tecnica fotografica. In quelle catastrofi di massa che, dalla prima (1912) all’ultima guerra balcanica (1999), hanno attraversato il Novecento (che ancora continuano, in maniera meno fluviale e più diffusa e tecnologica, fino ai droni di Obama e alle spiagge di Lampedusa). Mostra, con l’evidenza dello scatto […]